Castellaneta il 2 novembre si è svegliata al suono di una lamentosa cantilena: “L’an’m sant’ e b’n’ditt du Priatorij”. Il rito, curato dalla Confraternita del SS.mo Rosario, ha origini davvero antiche, intrecciate ai complessi riti tridentini ereditati dai monaci domenicani che vivevano nell’omonima chiesa, in cui ha sede la Confraternita.

Un tempo, prima dell’alba del 2 novembre, i confratelli incappucciati e vestiti di sacco si riunivano in chiesa per la celebrazione della Messa da Requiem e, illuminati solo da candele, elevavano canti e salmi commemorativi della morte. Le colonne della chiesa venivano coperte con panneggi neri in segno di lutto e al centro del transetto veniva eretto un catafalco, che nel gergo comune prendeva il nome di “Castellana”, illuminato da quattro candele e recante ai lati i simboli della morte. Al termine della Messa, i confratelli incappucciati percorrevano le strade del centro storico accompagnati dal suono di un campanaccio e da un lamento costante: “L’an’m sant’ e b’n’ditt du Priatorij”. Le offerte raccolte durante questo corteo venivano utilizzate durante l’anno per celebrare messe in suffragio per le anime abbandonate.

Con la riforma conciliare alcuni aspetti peculiari di questa celebrazione, ad esempio il catafalco, sono stati aboliti e la messa da Requiem è stata adattata alle nuove disposizioni.

Fino ad oggi la confraternita ha mantenuto vivo il rito dei defunti, per tanti anni svolgendolo la sera del 1° novembre. Quest’anno invece, volendo preservare la solennità di tutti i Santi da consuetudini diverse dalla mera solennità, ha riportato questo ferale corteo al giorno dei morti. Un ritorno al passato, in cui le antiche tradizioni vengono riproposte in chiave moderna.

Il corteo, partito dalla sede della confraternita alle prime luci dell’alba, si è snodato per i vicoli del centro storico con gli antichi simboli: la lanterna e il campanaccio. Il procedere dei passi dei Confratelli e delle Consorelle è stato introdotto dalla croce confraternale e dallo stendardo listati a lutto e la corona dei cento requiem cadenzata dallo scampanellio e dal malinconico lamento.

Uno scenario suggestivo che ha attirato l’attenzione di molti fedeli pronti a seguire i confratelli in questo percorso fino all’arrivo a san Domenico. Tanti, invece, spiando dalle finestre e scorgendo tra la nebbia i confratelli incappucciati, hanno interrotto il riposo notturno, unendosi alla preghiera per i defunti.

Giunti alla Chiesa di san Domenico, al tocco del Priore sull’uscio, si sono spalancate le porte del tempio per accogliere il corteo all’antico motivo gregoriano del Requiem aeternam, introito della Messa esequiale pro fidelibus defunctis. Il repertorio gregoriano ha accompagnato la celebrazione della Messa, alimentandone il fascino.

 

Serena Lasaracina

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