Il Consiglio Episcopale Permanente della CEI ha preparato il messaggio per la 45ª Giornata Nazionale per la Vita, che si celebrerà il 5 febbraio 2023 sul tema «La morte non è mai una soluzione. “Dio ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte” (Sap 1,14)».
LA MORTE NON È MAI UNA SOLUZIONE
Dio ha creato tutte le cose perché esistano;
le creature del mondo sono portatrici di salvezza,
in esse non c’è veleno di morte (Sap 1,14).
- Il diffondersi di una “cultura di morte”
In questo nostro tempo, quando l’esistenza si fa complessa e impegnativa, quando sembra che la
sfida sia insuperabile e il peso insopportabile, sempre più spesso si approda a una “soluzione”
drammatica: dare la morte. Certamente a ogni persona e situazione sono dovuti rispetto e pietà,
con quello sguardo carico di empatia e misericordia che scaturisce dal Vangelo. Siamo infatti
consapevoli che certe decisioni maturano in condizioni di solitudine, di carenza di cure, di paura
dinanzi all’ignoto… È il mistero del male che tutti sgomenta, credenti e non. Ciò, tuttavia, non
elimina la preoccupazione che nasce dal constatare come il produrre morte stia progressivamente
diventando una risposta pronta, economica e immediata a una serie di problemi personali e sociali.
Tanto più che dietro tale “soluzione” è possibile riconoscere importanti interessi economici e
ideologie che si spacciano per ragionevoli e misericordiose, mentre non lo sono affatto.
Quando un figlio non lo posso mantenere, non l’ho voluto, quando so che nascerà disabile o credo
che limiterà la mia libertà o metterà a rischio la mia vita… la soluzione è spesso l’aborto.
Quando una malattia non la posso sopportare, quando rimango solo, quando perdo la speranza,
quando vengono a mancare le cure palliative, quando non sopporto veder soffrire una persona
cara… la via d’uscita può consistere nell’eutanasia o nel “suicidio assistito”.
Quando la relazione con il partner diventa difficile, perché non risponde alle mie aspettative… a
volte l’esito è una violenza che arriva a uccidere chi si amava – o si credeva di amare –, sfogandosi
persino sui piccoli e all’interno delle mura domestiche.
Quando il male di vivere si fa insostenibile e nessuno sembra bucare il muro della solitudine… si
finisce non di rado col decidere di togliersi la vita.
Quando l’accoglienza e l’integrazione di chi fugge dalla guerra o dalla miseria comportano problemi
economici, culturali e sociali… si preferisce abbandonare le persone al loro destino, condannandole
di fatto a una morte ingiusta.
Quando si acuiscono le ragioni di conflitto tra i popoli… i potenti e i mercanti di morte ripropongono
sempre più spesso la “soluzione” della guerra, scegliendo e propagandando il linguaggio devastante
delle armi, funzionale soprattutto ai loro interessi.
Così, poco a poco, la “cultura di morte” si diffonde e ci contagia
2. Per una “cultura di vita”
Il Signore crocifisso e risorto – ma anche la retta ragione – ci indica una strada diversa: dare non la
morte ma la vita, generare e servire sempre la vita. Ci mostra come sia possibile coglierne il senso
e il valore anche quando la sperimentiamo fragile, minacciata e faticosa. Ci aiuta ad accogliere la
drammatica prepotenza della malattia e il lento venire della morte, schiudendo il mistero
dell’origine e della fine. Ci insegna a condividere le stagioni difficili della sofferenza, della malattia
devastante, delle gravidanze che mettono a soqquadro progetti ed equilibri… offrendo relazioni
intrise di amore, rispetto, vicinanza, dialogo e servizio. Ci guida a lasciarsi sfidare dalla voglia di
vivere dei bambini, dei disabili, degli anziani, dei malati, dei migranti e di tanti uomini e donne che
chiedono soprattutto rispetto, dignità e accoglienza. Ci esorta a educare le nuove generazioni alla gratitudine per la vita ricevuta e all’impegno di custodirla con cura, in sé e negli altri. Ci muove a
rallegrarci per i tanti uomini e le donne, credenti di tutte le fedi e non credenti, che affrontano i
problemi producendo vita, a volte pagando duramente di persona il loro impegno; in tutti costoro
riconosciamo infatti l’azione misteriosa e vivificante dello Spirito, che rende le creature “portatrici
di salvezza”. A queste persone e alle tante organizzazioni schierate su diversi fronti a difesa della
vita va la nostra riconoscenza e il nostro incoraggiamento.
3. Ma poi, dare la morte funziona davvero?
D’altra parte, è doveroso chiedersi se il tentativo di risolvere i problemi eliminando le persone sia
davvero efficace.
Siamo sicuri che la banalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza elimini la ferita
profonda che genera nell’animo di molte donne che vi hanno fatto ricorso? Donne che, in moltissimi
casi, avrebbero potuto essere sostenute in una scelta diversa e non rimpianta, come del resto
prevedrebbe la stessa legge 194 all’art.5. È questa la consapevolezza alla base di un disagio culturale
e sociale che cresce in molti Paesi e che, al di là di indebite polarizzazioni ideologiche, alimenta un
dibattito profondo volto al rinnovamento delle normative e al riconoscimento della preziosità di
ogni vita, anche quando ancora celata agli occhi: l’esistenza di ciascuno resta unica e inestimabile
in ogni sua fase.
Siamo sicuri che il suicidio assistito o l’eutanasia rispettino fino in fondo la libertà di chi li sceglie –
spesso sfinito dalla carenza di cure e relazioni – e manifestino vero e responsabile affetto da parte
di chi li accompagna a morire?
Siamo sicuri che la radice profonda dei femminicidi, della violenza sui bambini, dell’aggressività
delle baby gang… non sia proprio questa cultura di crescente dissacrazione della vita?
Siamo sicuri che dietro il crescente fenomeno dei suicidi, anche giovanili, non ci sia l’idea che “la
vita è mia e ne faccio quello che voglio?”
Siamo sicuri che la chiusura verso i migranti e i rifugiati e l’indifferenza per le cause che li muovono
siano la strategia più efficace e dignitosa per gestire quella che non è più solo un’emergenza?
Siamo sicuri che la guerra, in Ucraina come nei Paesi dei tanti “conflitti dimenticati”, sia davvero
capace di superare i motivi da cui nasce? «Mentre Dio porta avanti la sua creazione, e noi uomini
siamo chiamati a collaborare alla sua opera, la guerra distrugge. Distrugge anche ciò che Dio ha
creato di più bello: l’essere umano. La guerra stravolge tutto, anche il legame tra i fratelli. La guerra
è folle, il suo piano di sviluppo è la distruzione» (Francesco, Omelia al sacrario di Redipuglia, 13
settembre 2014).
4. La “cultura di morte”: una questione seria
Dare la morte come soluzione pone una seria questione etica, poiché mette in discussione il valore
della vita e della persona umana. Alla fondamentale fiducia nella vita e nella sua bontà – per i
credenti radicata nella fede – che spinge a scorgere possibilità e valori in ogni condizione
dell’esistenza, si sostituisce la superbia di giudicare se e quando una vita, foss’anche la propria,
risulti degna di essere vissuta, arrogandosi il diritto di porle fine. Desta inoltre preoccupazione il
constatare come ai grandi progressi della scienza e della tecnica, che mettono in condizione di
manipolare ed estinguere la vita in modo sempre più rapido e massivo, non corrisponda
un’adeguata riflessione sul mistero del nascere e del morire, di cui non siamo evidentemente
padroni. Il turbamento di molti dinanzi alla situazione in cui tante persone e famiglie hanno vissuto
la malattia e la morte in tempo di Covid ha mostrato come un approccio meramente funzionale a
tali dimensioni dell’esistenza risulti del tutto insufficiente. Forse è perché abbiamo perduto la capacità di comprendere e fronteggiare il limite e il dolore che abitano l’esistenza, che crediamo di porvi rimedio attraverso la morte?
5. Rinnovare l’impegno
La Giornata per la vita rinnovi l’adesione dei cattolici al “Vangelo della vita”, l’impegno a
smascherare la “cultura di morte”, la capacità di promuovere e sostenere azioni concrete a difesa
della vita, mobilitando sempre maggiori energie e risorse. Rinvigorisca una carità che sappia farsi
preghiera e azione: anelito e annuncio della pienezza di vita che Dio desidera per i suoi figli; stile di
vita coniugale, familiare, ecclesiale e sociale, capace di seminare bene, gioia e speranza anche
quando si è circondati da ombre di morte.
Roma, 21 settembre 2022
IL CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA