“Le feste in onore dei santi costituiscono importanti momenti di socializzazione ed offrono un’occasione di testimonianza culturale, che mette in luce il genio di un popolo e i suoi valori caratteristici” (Conferenza Episcopale Pugliese, “LE NOSTRE FESTE. Nota pastorale sulle feste religiose popolari nelle Chiese di Puglia”, 1998).

Non è facile indicare con certezza una data che segni l’inizio della diffusione del culto della Madonna della Stella a Palagiano. Alcuni autori locali lo fanno risalire alla leggendaria vicenda delle due sorelle Madonne, Lenne e Stella, cui furono dedicate le due cappelle rurali, edificate per la prima volta in tempi remotissimi, della Madonna di Lenne e della Madonna della Stella, protettrici dei naufraghi, dei viandanti, e del fiume Lenne. Secondo altri, i festeggiamenti in onore della Madonna della Stella ricorderebbero la festa di ringraziamento, organizzata anticamente dagli agricoltori alla fine dei raccolti. Il primo, e più antico documento, che certifica l’esistenza di una cappella dedicata alla Madonna della Stella è la Relazione con cui il Vescovo di Mottola, Mons. Pietro Paolo Mastrilli, nel 1706 illustrava alla Curia di Roma lo stato in cui versava la sua diocesi, di cui Palagiano allora faceva parte. Già nel 1833, come risulta da un documento conservato nell’Archivio Storico Diocesano, c’era la consuetudine di organizzare la festa in onore della Madonna.

Tutto avviene ogni anno in una inconfondibile atmosfera di ricordi, suoni, profumi e colori, la seconda domenica di ottobre e il sabato che la precede. Il paese si risveglia prima dell’alba e si ritrova tra i banchi della Chiesetta, la Parrocchia “Maria Santissima Immacolata”, che ospita la Madonna della Stella da quando la chiesa fu riaperta al culto, nel secondo dopoguerra. Dopo la messa della 5:30 la Madonna viene accompagnata in processione verso il suo Santuario, nelle nostre campagne, nella Lama di Lenne. La giornata trascorre mentre un forte odore inonda il paese: si prepara il sugo piccantissimo con cui sarà condita la “Tagghiarìne”, la mafaldina, un formato di tagliatella riccia su entrambi i lati, preparata nei pressi del Santuario, a memoria del leggendario episodio di un naufragio e della intercessione delle Madonne sorelle. Sarà poi distribuita in pentoloni trainati da carri e trattori verso la folla dei coraggiosi pronti all’assalto. Anticamente veniva consumata con mezzi fortuna, utilizzando pale di fichi d’india private delle spine come piatti e canne delle vicine paludi come forchette. Questi i numeri:  6 quintali di pasta, 4,5 quintali di pomodori pelati, 2 quintali di doppio concentrato di pomodoro, 1 quintale di olio extravergine di oliva, 4 cassette di cipolle, 4 cassette di pomodori freschi, 200 piante di peperoncini, sedano, prezzemolo e basilico quanto basta, sale. Per un totale di 8 pentoloni di sugo e 16 pentoloni di pasta.

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Dopo la distribuzione, che avviene sotto la sguardo della Madonna, la statua viene riportata in paese, dove sosta nei pressi della parrocchia e dove farà ritorno dopo una breve processione. In tarda serata, il rito della vestizione: un gruppo di devote prepara l’immagine per il giorno dopo, con l’abito bianco della festa. Il programma della domenica prevede la messa del mattino, presieduta dal nostro Vescovo e, subito dopo, la processione per le vie del paese. A fare da cornice: la musica della banda, le luci delle arcate, i colori dei fuochi d’artificio, ma soprattutto le note della bassa musica, “lu F’sckarùle”, che anche nei giorni precedenti la festa allietano di buon mattino le vie cittadine.

“La Madonna”, come ammonisce sempre il parroco don Salvatore Casamassima, “sia la stella del nostro cammino, ma soprattutto ci guidi verso la vera Luce del nostro cammino, suo figlio Gesù”.

(La foto della distribuzione della pasta è della Signora Patrizia D’Auria. La foto della Madonna è dell’autore)

Rocco Emanuele Valente