Nella prima domenica di Avvento la Chiesa italiana ha accolto la nuova edizione del Messale Romano e la nostra comunità di San Domenico ha vissuto questo momento durante la celebrazione presieduta da S. Ecc. Rev.ma Mons. Claudio Maniago. Nella simbolica consegna del libro da parte di una coppia di fedeli dall’assemblea al presbiterio si è voluto sottolineare come, di fatto, il Messale non sia, solo e riduttivamente, il libro del ministro bensì appartenga a tutta la comunità riunita per la celebrazione eucaristica.

Nell’omelia, il Vescovo ha esordito con un riferimento alla situazione di incertezza sociale e sanitaria che stiamo vivendo ormai da diverso tempo. La pandemia scatenata dal covid ha avvolto realmente l’umanità nelle tenebre: tante le certezze venute improvvisamente a mancare, stili di vita ridimensionati e modalità di relazione edulcorate da ogni forma di vicinanza fisica. In un senso di smarrimento che coinvolge tutti, sani e malati, l’introduzione della nuova edizione del Messale Romano può essere contestualizzata tra simili preoccupazioni? La risposta è ovviamente sì: il testo viene introdotto nella prima domenica di Avvento, un tempo liturgico caratterizzato dall’attesa di un popolo che, oggi come allora, camminava nelle tenebre. Richiamati dalla Scrittura ad essere uomini e donne vigilanti, abbiamo tuttavia la certezza che la vera Luce sta per venire; anche in una situazione così precaria e critica Cristo sta per nascere e porta con sé la speranza, virtù assolutamente necessaria per il momento che stiamo attraversando. Cogliere la ricchezza di un nuovo Messale per la nostra liturgia, in un contesto che invece sembra impoverirci di tutto, significa riscoprire il valore della preghiera comunitaria che nella celebrazione eucaristica della domenica ha la sua massima coralità. Durante la Messa il Signore ci parla, la sua presenza diventa concreta nell’antico gesto dello spezzare il pane, la comunione con Cristo si trasforma in unione con i fratelli e ci rende saldi nella fede: è la nostra Pasqua!

Dalle parole di Sua Eccellenza si evince che, al di là delle novità che il testo ha in sé, frutto di anni di studio e discernimento, l’introduzione di questa edizione accende i riflettori sulla centralità della Messa nella vita di ogni cristiano, non opportunità occasionale legata a singole circostanze ma “conditio sine qua non” è possibile coniugare, in un’unica declinazione, credo e preghiera. Una piccola riflessone allora va riservata proprio all’assemblea, soggetto chiamato a trasformare l’accoglienza del nuovo Messale in occasione preziosa per riscoprirsi parte attiva dell’azione liturgica, mettersi alla presenza di Dio e diventare comunità come Lui ci vuole: capaci di interrompere il “fare” di mille attività per “stare” davanti al Signore. Per vivere ogni volta la bellezza della celebrazione è necessario intervenire proprio sulle potenzialità implicite dell’azione “stare”. Non è un semplice verbo modale che indica la condivisione statica di un luogo, ma emozionale perché implica la partecipazione profonda di vissuti. Per usare un’immagine nota a tutti, è lo “stabat” di Maria: ferma sotto la croce, ma dinamica testimone della speranza del terzo giorno. Occorre dunque “stare” per poter poi “andare”, l’azione emozionale si trasforma così in esistenziale: “andate e annunciate il Vangelo del Signore!”; di discepoli pronti a rendere testimonianza al mondo di quanto ricevuto: preghiamo e testimoniamo ciò in cui crediamo!
L’augurio è di accogliere il nuovo Messale con il desiderio di ricevere uno strumento capace di arricchire la nostra arte di celebrare, preoccupazione a cui è chiamata tutta la comunità, in quanto soggetto celebrante.

Sicuramente sarà necessario un percorso conoscitivo approfondito affinché il dono dell’Eucaristia diventi ricchezza da condividere con l’intero popolo di Dio. Conoscere per celebrare: è questo il binomio imprescindibile per rendere le nostre celebrazioni epifania della comunione ecclesiale!

A.G.