Intervista al Vescovo Claudio dopo la Settimana Sociale dei Cattolici Italiani a Cagliari.
«Senza lavoro non c’è dignità». Le parole rivolte da Papa Francesco ai partecipanti alla 48ma Settimana Sociale dei Cattolici Italiani conclusasi domenica scorsa a Cagliari risuonano come invito alla fiducia e, allo stesso tempo, come monito a porre in essere quanto è necessario per restituire dignità ai tanti (troppi) disoccupati, a quanti dell’esperienza lavorativa conoscono solo la precarietà e non la gioia della realizzazione dei propri talenti, a quanti sono costretti a sottostare a logiche di sfruttamento in un regime di consolidata illegalità.
Anche la Diocesi di Castellaneta ha partecipato alla 48ª Settimana sociale dei cattolici in Italia per riflettere sul tema “Il lavoro che vogliamo: libero, creativo, partecipativo e solidale”. Abbiamo incontrato il Vescovo di Castellaneta, Mons. Claudio Maniago, al rientro da Cagliari.
Da chi era composta la delegazione della nostra Diocesi?
La delegazione di Castellaneta era composta come stabilito dagli organizzatori da tre persone: il vescovo diocesano, un sacerdote incaricato per la pastorale sociale e un giovane, nel nostro caso Francesca una ragazza che è animatrice del progetto Policoro, esperienza significativa che si occupa di giovani e lavoro.
Cosa rappresenta la Settimana sociale dei Cattolici italiani per la comunità ecclesiale nazionale? Qual è il senso di questo evento e quale può essere la ricaduta per la nostra Diocesi di un evento ritenuto importante da alcuni e superfluo da altri?
La Settimana sociale dei cattolici italiani rappresenta un appuntamento in cui la chiesa italiana in tutte le sue componenti territoriali e aggregative, si confronta su un tema di rilevanza sociale per individuare alcuni orientamenti in vista di una pastorale più incisiva e di proposte concrete alla società civile.
È la prima volta che partecipa ad una Settimana Sociale?
Non è la prima volta che ho partecipato alla Settimana sociale e quindi sapevo di andare a fare una esperienza che mi avrebbe non solo interessato, ma anche arricchito e stimolato per la ricchezza di contenuti e la fecondità del confronto che si svolge in questi giorni.
Un Vescovo toscano in Puglia, a Castellaneta per la precisione. Partendo per Cagliari da Firenze avrebbe messo in valigia altre attese ed altre prospettive. Ora, muovendosi da Castellaneta cosa porta con sé e cosa spera di poter portare al suo rientro?
Adesso sono Vescovo di una diocesi della Puglia quindi del sud della nostra nazione e sento importante farmi carico di quelle che a livello sociale sono le preoccupazioni, le aspettative, le problematiche della gente di questa terra. In particolare, visto il tema di questa 48ª settimana sociale, ho portato con me il grido che da tante persone, soprattutto giovani, chiede quanto anche il Papa dice essere essenziale per la dignità della loro vita, cioè il lavoro.
Dalla Settimana rientro con stimoli nuovi per impegnare la nostra Diocesi a fare il possibile per aiutare i giovani non soltanto nella ricerca di un posto di lavoro, ma a diventare creatori di lavoro con rinnovata passione per il bene comune e ferma speranza per i propri talenti. Inoltre l’esperienza della Settimana fornisce anche motivi di confronto con le amministrazioni locali perché, in una collaborazione fattiva e rispettosa, si possano produrre nuove occasioni su questo fronte.
La presenza dell’ILVA rende il nostro territorio vulnerabile sotto diversi punti di vista: ambientale, lavorativo, sanitario, turistico. Cosa pensare e come agire da credenti in questa situazione in cui la coperta – per usare un’espressione popolare – appare decisamente troppo corta?
Certamente questa nostra terra è segnata dalla Provvidenza che la rende ricca sia a livello ambientale, che culturale, storico e artistico. Ma è evidente la difficoltà a permettere che questa ricchezza possa essere di beneficio e di sostentamento per le persone che qui vivono e in particolare per i giovani che devono costruire il loro e il nostro futuro.
Come credenti dobbiamo avere gli occhi aperti perché tematiche di carattere sociale come il lavoro, la salute, il rispetto del creato, non debbano mai essere dimenticate o considerate problema di altri. Inoltre, obbedendo a quanto il Signore chiede a noi suoi discepoli, dobbiamo spenderci con generosità, secondo le possibilità che abbiamo e i ruoli che rivestiamo, affinché la società civile possa impegnarsi e moltiplicare le occasioni per garantire a tutti l’opportunità di lavorare.
La dimensione sociale dell’evangelizzazione emerge con chiarezza dalla celebrazione di eventi come questo. Cosa chiede ai pastori e ai laici della nostra Diocesi?
Nella convinzione che il Vangelo non è un libro astratto di buoni pensieri o buone intenzioni, ma al contrario, una parola che vuole cambiare concretamente la nostra vita, credo che la comunità cristiana, pastori e laici, insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, debba impegnarsi a edificare una società più giusta e solidale dove ciascuno possa avere la possibilità di vivere con dignità la propria vita, rispondendo alla propria vocazione e mettendo in gioco tutti i propri talenti.
OM