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Omelia di Mons. Sabino Iannuzzi per l’Ordinazione Presbiterale di fra Noel Egnon Yao, ofm

Carissimi fratelli e sorelle,
ben ritrovati.

È motivo di profonda gioia poter tornare questa sera qui in questa Basilica a me tanto cara, dedicata alla Vergine Annunziata e a Sant’Antonio, per ordinare Presbitero il caro fr. Noel, che in quest’ultimo anno ha vissuto con me a Castellaneta in episcopio, offrendo il suo servizio pastorale nella comunità del Cuore Immacolato di Maria, sempre in Castellaneta, motivo per il quale questa sera sono venuti con me a fargli corona anche il Vicario generale, Mons. Renzo Di Fonzo, don Oronzo Marraffa, Parroco di quella comunità parrocchiale e don Michele Mingolla, che ho ordinato presbitero dieci giorni fa e che ha condiviso l’esperienza pastorale con fr. Noel.

Saluto caramente i familiari di fr. Noel presenti ed i confratelli dell’Ordine dei Frati Minori, iniziando dal Ministro provinciale, Fr. Antonio Tremigliozzi, il Definitore generale per l’Africa, Fr. Victor Quematcha, gli amici presbiteri, ad iniziare da quelli della Valle vitulanese, e i diaconi presenti. Così come a quanti sono uniti attraverso TSTV, emittente dell’Arcidiocesi di Benevento.

Un pensiero di orante gratitudine per il fratello Arcivescovo di questa Chiesa beneventana Felice, che ha acconsentito a che celebrassi questa ordinazione.

Penso che per tutti noi, oggi, sia particolarmente grande la gioia, perché ogni volta che si sente risuonare in una Chiesa, e soprattutto nella vita di una persona, un’eccomi, non possiamo che manifestare tutta la nostra lode al Signore. Come ebbe a cantare la stessa Vergine Maria, dopo il suo eccomi alla proposta dell’arcangelo Gabriele, consapevole delle grandi cose che il Signore aveva compiuto nella sua vita e continua ad elargire per tutti noi.

 

È proprio Lui, il Signore, che chiama e ci coinvolge e, mettendo da parte i nostri limiti, le nostre fragilità ed anche il nostro peccato, ci contempla per quell’originaria bellezza creaturale che ci è stata consegnata – con la veste candida – nel giorno del nostro Battesimo. Bellezza che tornerà ad essere candida e splendente nel giorno in cui saremo ammessi alla mensa del cielo e staremo per sempre accanto a Lui: nella gloria del Padre.

Quella stessa “vita eterna” che, caro Fr. Noel, ti è stata assicurata nel giorno della tua professione solenne, a condizione che osserverai quanto promesso.

La Liturgia della Parola di questa eucarestia è iniziata con un racconto, quello del Profeta Isaia, in cui dice: «Voglio cantare per il mio diletto il mio cantico d’amore per la sua vigna».

È la canzone d’amore per la vigna, immagine di Israele, del popolo scelto ed amato che dall’Egitto è trapiantato nella terra promessa. Così il profeta racconta l’esperienza di salvezza che, nell’immagine evangelica, narrata da Gesù «ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo», mostra tutto l’amore e la cura passionale di un Dio che non si arrende e si domanda: «Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che non abbia fatto?»

Si tratta di un canto d’amore che riguarda il mondo intero e ciascuno di noi.  Sarebbe bello, se alla fine della tua vita caro fr. Noel – vita di frate minore e di presbitero – potrai affermare con gioia: ho cantato ed ho danzato nella melodia che il Signore ha scritto e composto per il mondo intero. Canzone d’amore in cui è scritta anche tutta la tua vita.

Il secondo grado dell’Ordine che stai per ricevere «è il Sacramento che abilita all’esercizio del ministero, affidato dal Signore Gesù agli Apostoli, di pascere il suo gregge […] secondo il suo cuore. Pascere il gregge di Gesù non con la potenza della forza umana o con la propria potenza, ma quella dello Spirito e secondo il suo cuore, il cuore di Gesù che è un cuore di amore. Il sacerdote […] deve pascere il gregge del Signore con amore. Se non lo fa con amore non serve. I ministri che vengono scelti e consacrati per questo servizio prolungano nel tempo la presenza di Gesù, se lo fanno col potere dello Spirito Santo in nome di Dio e con amore» (Papa Francesco).

Possa il tuo ministero, caro fr. Noel, essere sempre riflesso di quell’amore con cui Cristo ha amato ed ama la sua Chiesa.

Le letture di questa eucarestia – apparentemente slegate dal mistero di grazia che stiamo celebrando con l’ordinazione presbiterale – sono molto belle.

In questo momento di grazia sono una vera e propria “Dio-incidenza” (non una coincidenza, perché è Dio che parla) per la tua vita.

Gesù narra questa parabola in un momento particolare della sua vita: sta per arrivare il giorno e l’ora della sua totale donazione d’amore sulla Croce. L’ora delle nozze, come dirà Giovanni nel suo Vangelo: l’ora dell’amore.

L’ora in cui la canzone d’amore risuona in tutta l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità (Ef 3,18).

Ebbene, quando Gesù ha raccontato questa parabola, caro Fr. Noel, ha pensato anche a te, perché il Signore «quelli che da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo… quelli poi che ha predestinato, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati» (Rm 8,30).

Ti ha posto tra i suoi servi (quei servi inviati per amore al suo popolo), quei servi che – al tempo di raccogliere i frutti – sono andati dai contadini nella Vigna a ritirare il raccolto.

La grande tentazione – non possiamo nasconderlo – è quella di scegliere di stare dalla parte dei contadini, a cui il padrone ha dato in fitto la vigna. Molto probabilmente, nel giorno in cui i contadini sono stati chiamati per andare a lavorare nella vigna, il padrone avrà chiesto, come ho fatto poco prima per Fr. Noel: «sei certo che ne sia degno?». «Ma questi contadini sono degni?». E forse avrà ricevuto la stessa risposta: «si sono degni!» E, poi… abbiamo ascoltato come è andata a finire la storia: hanno ucciso anche il figlio per usurpare l’eredità.

Fratelli e sorelle, caro Noel, non basta la certezza o lo slancio motivazionale di un momento: è importante vivere con il desiderio di migliorare di continuo il proprio cuore e la propria mente, nell’impegno a convertirsi, sempre e di nuovo, superando soprattutto la mediocrità che spesso abita e limita la nostra vita!

Al di là della vita consacrata abbracciata, del presbiterato che stai per ricevere, che sono le forme concrete che il Signore ha scelto per te, caro Noel, da oggi sei chiamato a vivere una vita nell’amore (donato e da donare). Il Signore non ti praticherà nessuno abbuono sulla conversione; nessuno sconto sul rischio e sulla tentazione dell’uomo vecchio che è in te e che cercherà sempre di prendere il sopravvento, producendo «acini acerbi» con la tua vita.

Lo sappiamo molto bene e non dobbiamo farci illusione alcuna. Siamo continuamente esposti a passare dall’essere i servi mandati dal padre a convertire i cuori dei contadini, all’essere noi stessi i contadini che oppongono continua resistenza all’azione di Dio. Perché l’uomo vecchio che è in noi, non muore mai ed è sempre in agguato «per spargere sangue e far gridare gli oppressi».

Per questo caro Fr. Noel, tu dovrai rimanere sempre unito al Signore, come il tralcio alla vite. Saprai coltivare la vigna, solo se sarai unito alla vite, che è Cristo, custodendo una relazione con Lui, la relazione con la Fraternità, con i tuoi superiori, la relazione con il popolo santo di Dio.

Il Signore ha fatto bene tutte le cose: la vigna era su un terreno fertile, l’aveva dissodata e sgombrata dai sassi, vi aveva piantato viti pregiati, aveva costruito nel mezzo una torre e scavato anche un tino… Perché la Vigna è del Padre e il Figlio è l’erede.

E noi? Come ci approcciamo alla vigna?

Il Signore ci chiama a partecipare a questa eredità. Perché non siamo semplicemente gli schiavi (servi o contadini), ma siamo figli e figli adottivi, con cui il Figlio desidera condividere l’eredità: che è il Regno di Dio.

È questo lo splendido progetto di Dio: produrre frutti e frutti buoni.

 

Il rischio, purtroppo a volte facile, è quello di rovinare in un attimo questo progetto: perché piuttosto che servire, ci si serve. Invece di servire la Vigna, mi servo della Vigna (del Regno di Dio) per i miei scopi personali.

Il Signore mandandoci nella vigna ci vuole servi e profeti: discepoli-missionari.

Ci invia sempre e di nuovo, con fermezza. Potremmo obbiettare: ma dai contadini malvagi ci manda indifesi; ci invia incontro ad un destino di certo rifiuto, fino al martirio.

Fratelli e sorelle, per costruire il Regno di Dio questo è l’unico modello: quello dell’umiltà, la sola che può trasformare i cuori induriti e ribelli.

Caro Noel, oggi, diventi anche tu servo umile di questa Vigna: ed il rischio a cui sarai esposto è quello di dover pagare di persona. Ne sei convinto?

Con la professione religiosa hai scelto di non voler essere il contadino che desidera impossessarsi della Vigna. Ti sei già espropriato di te stesso. Sei (anzi dovresti esserlo) un servo umile che annuncia quella Parola di Dio, che si è fatta già umile. Questa Parola da oggi assume i tratti del tuo volto, della tua voce, dei tuoi occhi, delle tue mani, dei tuoi piedi, del tuo corpo… e tutto questo per metterti al servizio di tanta gente che il Signore ha posto nella Vigna.

È davvero straordinario quello che il Signore compie. Si serve delle nostre miserie per intonare quella canzone d’amore. La stessa canzone che un giorno, caro Noel, hai ascoltato, che ti ha scaldato il cuore, ti ha rialzato in piedi e ti ha reso creatura nuova. E da oggi: sarai per sempre al servizio di questa canzone e di null’altro.

Il Signore ama i suoi fratelli e le sue sorelle che con umiltà si mettono in cammino insieme con Lui. Nessuno potrà fermare la sua azione: neppure la malvagità degli uomini. Perché pur se i costruttori scartano la pietra… Lui, il Signore, la prende e la fa diventare pietra angolare del suo edificio, del Regno di Dio che è la Chiesa.

Caro Noel, quanto più condividerai il destino di Gesù, quanto più sarai considerato una pietra scartata, tanto più sarai utile per l’edificio che il Signore vuole costruire. Perché il Regno sarà tolto ai capi dei sacerdoti, agli anziani del popolo (a scribi e farisei), ai contadini che se ne voglio impossessare con una vita scaltra ed iniqua, e sarà dato ad un popolo, a gente che lo farà fruttificare.

La gente di cui parla Gesù sono quei pubblicani e quelle prostitute di cui ha parlato domenica scorsa nel Vangelo. Sono loro il popolo dei piccoli e dei poveri. Quel popolo fatto di peccatori perdonati, come Matteo e Zaccheo, di povera gente, come le prostitute. È questo il popolo di Dio in cammino: fatto di gente che ritorna… anche dopo tanto tempo. Da piccoli che non hanno alcuna forza umana da vantare. Da gente che abitualmente è considerata scartata, perché non è di immediato successo umano.

Il Regno comincia con questi acini di Dio, come piccoli grappoli di Dio fra noi.

Questo è il popolo della Vigna, caro Noel, del quale con gioia devi sapere di far parte. Di cui tutti noi siamo parte e che non ha altra ricompensa se non quella di poter lavorare nella vigna fin dalla prima ora del mattino: essere servo umile e testardo solo nel servire il Regno di Dio, nel quale il Signore – attraverso il tuo ministero – desidera trasformare ogni miseria umana in risorsa e ricchezza con la Sua misericordia.

La Chiesa – ci ricorda il Concilio Vaticano II «è stata piantata dal celeste agricoltore come vigna scelta (Mt 21,33-43, par.; cfr. Is 5,1 ss). Cristo è la vera vite, che dà vita e fecondità ai tralci, cioè a noi, che per mezzo della Chiesa rimaniamo in lui, e senza di lui nulla possiamo fare (cfr. Gv 15,1-5)» (Lumen gentium 1).

San Paolo nella seconda lettura, scrivendo ai Filippesi, ti sta comunicando che oggi «la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, scenderà su di te, e custodirà il tuo cuore e le tue mani in Cristo Gesù».

Stai per diventare una cosa sola con Lui.

Il Signore ti custodisce ed evita che tu possa fare del male.

La pace di Cristo ti entra nel cuore, come la sua gioia che è frutto dello Spirito e che nessuno ti potrà mai togliere anche in mezzo alle difficoltà. Non rovistare nella mediocrità, piuttosto, come raccomanda San Paolo, alza lo sguardo e lascia che il tuo pensiero sia inebriato da ciò che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, che è virtù e merita lode.

Esercitati a guardare la realtà come la guarda Dio. E nei fratelli non vedere delle persone da condannare, quanto piuttosto la straordinaria bellezza di cui sei portatore. Il Signore non ti ha scelto perché sei bravo o sei capace. Ti ha scelto perché hai detto di voler essere disponibile a ripetere in ogni momento della tua vita: “Eccomi” e vuoi farti “piccolo” e “servo inutile”, come raccomanda anche San Francesco d’Assisi nella XIX Ammonizione:

«Beato il servo, che non si ritiene migliore, quando viene lodato e esaltato dagli uomini, di quando è ritenuto vile, semplice e spregevole, poiché quanto l’uomo vale davanti a Dio, tanto vale e non di più. Guai a quel religioso, che è posto dagli altri in alto e per sua volontà non vuol discendere. E beato quel servo, che non viene posto in alto di sua volontà e sempre desidera mettersi sotto i piedi degli altri».

Che la Vergine Maria Annunziata, che in questa Basilica ci ricorda sempre l’Eccomi al Signore, possa intercedere per te e per tutti i servi della Vigna. Amen!