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Santa Messa Crismale: l'omelia di Mons. Sabino Iannuzzi

Carissimi fratelli e sorelle,

provo particolare gioia nell’essere riunito con tutti voi questa sera, qui in Cattedrale, quale espressione dell’intero Popolo di Dio della nostra Chiesa che è in Castellaneta, come “Corpo crismato” (Cettina Militello) che deve emanare il profumo del Cristo, segno della comunione ministeriale e della missione pastorale che ci legano gli uni agli altri.

Questa è la “vera festa annuale” della nostra comunità diocesana e per questo ripercorro nello Spirito il cammino di quest’ultimo anno e rendo grazie al Signore per quanto vissuto “insieme” come Chiesa, per le ansie e le sollecitudini pastorali, nel comune desiderio di condividere il cammino della propria storia personale e comunitaria insieme al Signore che, come nell’esperienza dei due di Emmaus (Lc 24,13-35), desidera partecipare ciò che a Lui si riferisce, al fine di poter essere sempre più discepoli che vogliono rendere credibile con la propria vita quel Gesù che, offrendo la sua vita per tutti, è venuto per insegnare la concretezza dell’obbedienza al Padre che è nei cieli e del precetto della prossimità e dell’amore.

La celebrazione di questa Messa del Crisma è memoriale dell’unica e comune adesione al sacerdozio di Cristo che ci rende parte dei frutti della Pasqua: quello dello Spirito per essere Chiesa-comunità e quello dei sacramenti di salvezza, con un’accezione particolare al sacramento dell’Ordine Sacro, con il compito di verificare l’autenticità della nostra vita di comunione. E, ciò, acquista ancor più significato in questo tempo in cui stiamo vivendo un’esperienza di grazia: quella della celebrazione del Sinodo della Chiesa Universale e delle Chiese che sono in Italia. Un tempo da non vanificare e da far trascorrere con superficialità, come potrebbe purtroppo accadere.

Questa sera, in cui questa Cattedrale diventa per noi il Cenacolo di Gerusalemme (luogo istitutivo dell’Eucarestia, da cui siamo nati noi sacerdoti), dobbiamo chiederci con serenità: come stiamo facendo Sinodo nella nostra Diocesi? Ossia come stiamo “camminando insieme”? Lo stiamo realizzando con lo stesso passo? O per lo meno attendendoci e motivandoci reciprocamente lungo la via?

Con tutta umiltà, nell’unico e medesimo sacerdozio battesimale, che ci ha resi partecipi di una vocazione santa e ci costituisce come popolo sacerdotale, ancora una volta, dobbiamo metterci in ascolto dello Spirito e chiederGli di rinnovare la gioia dell’unzione per realizzare quello che Dio desidera da ciascuno di noi. Nel Cenacolo il Signore Gesù ci ha indicato lo stile per vivere tutto ciò «perché anche voi facciate come io ho fatto a voi» (Gv 13,15), ossia: camminare insieme nell’amore, nell’unità, pur sé nella diversità (che è ricchezza) dei carismi.

Per questo, allora, con tutti voi carissimi fratelli e sorelle e soprattutto confratelli presbiteri, stasera voglio ringraziare il Signore per il dono del ministero sacerdotale al servizio del sacerdozio comune dei fedeli; per lo stesso Spirito che ha unto Cristo ed è sceso anche su ciascuno di noi presbiteri, nel giorno della nostra ordinazione sacerdotale, segnandoci con il santo Crisma, così da diventare partecipi della medesima consacrazione di Gesù.

Da quel preciso momento - giorno dopo giorno - siamo Sua immagine viva, e come Lui siamo a tempo pieno nel servizio della gloria di Dio e della santificazione dei fratelli e delle sorelle a noi affidati. Siamo mediatori della sua misericordia nel dono di quella luce che illumina e non si consuma, che alimenta il desiderio di accompagnare, di incoraggiare, di prendersi cura di tutti, nessuno escluso, a partire dagli ultimi e da quanti si sentono lontani o presumono – erroneamente - di essere stati abbandonati da Dio.

Per tutto questo, cari confratelli presbiteri, in semplicità e con l’immediatezza dei nostri rapporti fraterni, intrisi di tanta bella umanità, desidero ringraziarvi per quello che fate per la nostra gente e per questa Chiesa di Castellaneta, ben consapevole e soprattutto fiducioso della presenza “misteriosa” del Signore che continua ad agire, come ci ha ricordato il Salmista, cantando per sempre il Suo amore:

«Ho trovato Davide, mio servo

con il mio santo olio l’ho consacrato

la mia mano è il suo sostegno,

il mio braccio è la sua forza» (Salmo 88).

Parole queste che si possono ben applicare alla vita di ciascuno di noi… che si fanno “eco del pensiero di Dio” rispetto alle nostre storie personali e ai nostri percorsi e risuonano ancora oggi con forza: “ho trovato Sabino, don Renzo, don Antonio, don Domenico, don Vito, don Francesco, don Mauro, don Giuseppe, don Oronzo, don Giovanni… e potremo ben continuare l’elenco con il nome proprio di ciascuno di noi… li ho trovati quali miei servi; servi che ho scelto ed eletto alla mia sequela e li ho unti con l’olio della gioia, della misericordia e della fortezza, perché continuino ad ungere con una gioia incorruttibile e missionaria e per questo la mia mano sarà sempre pronta a sostenerli e il mio braccio a restituire loro forza, energia e speranza!”.

Si tratta di un esplicito impegno del Signore che ci pone, così, dinanzi ad un’autentica dichiarazione d’amore: non dimentichiamolo mai!

Ricordiamocene soprattutto nei momenti in cui la fatica e lo scoraggiamento sembrano prevalere; quando lo sforzo degli impegni, accresciuto dai nostri limiti e dalle fragilità, rende pesanti i nostri passi, bloccando percorsi virtuosi ed impedendo di guardare con tranquillità e pace l’orizzonte del proprio essere. È questo il momento in cui bisogna sapersi fermare e ricordare (riportando al cuore e alla mente) questo dono di amore e di fedeltà da parte del Signore, «perché Lui sa che il compito di ungere il popolo fedele non è facile, è duro» (Papa Francesco, Omelia Messa del Crisma, 2 aprile 2015).

Ce l’ha consegnato poc’anzi - quale promessa carica di speranza - lo stesso profeta Isaia, dicendo:

«Voi sarete chiamati sacerdoti del Signore,

ministri del nostro Dio sarete detti.

Io darò loro fedelmente il salario … concluderò con loro un’alleanza eterna».

È l’invito ad alzare lo sguardo da sé stessi e saper «guardare a Lui», per rispondere, con gratitudine e responsabilità, ad un amore -“alleanza eterna”- che continua a sorprenderci, manifestando la fiducia e la grazia che è stata riposta in ciascuno di noi, quali umili vasi di creta, da «Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre» (Apocalisse 1,5-6).

La benedizione degli oli e la consacrazione del Crisma - che tra poco vivremo - ci riportano alla mente il fondamento della nostra missione: «Lo Spirito del Signore è sopra di me». Oggi è ancora su ciascuno di noi. Infatti, abbiamo ricevuto l’unzione (ossia siamo stati fasciati dalla misericordia del Signore) per ungere il popolo di Dio, non per altro!

È una missione che risuona sempre con particolare urgenza e complessità per «portare il lieto annuncio».

È diversa dalla semplice disponibilità ad eseguire le indicazioni ricevute, dal generico invito a darsi da fare, dell’escogitare qualcosa di nuovo.

È piuttosto, una coscienza sacra e santa che viene dall’alto e tocca il fondo del cuore, perché le sorelle e i fratelli che ci sono affidati hanno bisogno che lo Spirito, per mezzo di ciascuno di noi, tocchi realmente le corde della loro vita. Hanno bisogno di una missione di tenerezza e di gratuità, capace di individuare la fame e la sete nascoste nelle pieghe della storia delle nostre comunità.

Ogni anno – rinnovando le promesse sacerdotali - siamo invitati a ritornare con la mente e il cuore a quel giorno indimenticabile, nel quale il Signore ha impresso, con il segno dello Spirito, quale suo indelebile bacio d’amore, un permanente sigillo che ci ha configurati a Lui, Eterno e sommo sacerdote, rendendoci dispensatori dei suoi misteri. Per questo dobbiamo domandarci: «siamo stati e siamo fedeli alle nostre promesse di quel giorno e che tra poco rinnoveremo ancora una volta?»

Ad un livello più esistenziale mi verrebbe da chiedervi: «siete ancora innamorati di Cristo e di questa Sua Chiesa, come, e anzi più di quel giorno?».

Perché, la riconferma delle promesse presbiterali che stiamo per compiere, non può essere solo “memoria grata o rituale”, ma deve tornare impegno concreto ad essere preti “oggi” in questo particolare “cambiamento di epoca”, caratterizzato da preoccupazioni e non poche contraddizioni, con la stanchezza della speranza (autentica tentazione), che non permette di avanzare o guardare avanti, rendendo tutto, per così dire, confuso.

Non a caso Papa Francesco ha voluto dedicare al tema della speranza il prossimo Anno Santo, che inizierà a Roma il 24 dicembre 2024 e che vivremo con specifici momenti anche qui in Diocesi. La speranza: una virtù teologale tanto necessaria ai cristiani di ogni tempo, ma soprattutto “nell’oggi del presente momento storico”; una virtù che «non dobbiamo lasciarci rubare», dandole forza e vigore con la testimonianza della vita e con «la forma squisita e inconfondibile della dolcezza, del rispetto, della benevolenza verso il prossimo, arrivando addirittura a perdonare chi ci fa del male» (Papa Francesco, Udienza generale, 5 aprile 2017).

Fratelli e sorelle carissimi, è desiderio di Papa Francesco che, avvicinandoci a quest’anno giubilare (che sarà annuncio di misericordia di Dio al mondo intero e grande occasione di evangelizzazione), ci sia del tempo da dedicare alla preghiera per «sperimentare – così - la forza della speranza di Dio... e riscoprire il grande valore e l’assoluto bisogno della preghiera nella vita della Chiesa e del mondo» (Papa Francesco, Angelus, 21 gennaio 2024). Perché la preghiera – come sottolineava Benedetto XVI nell’Enciclica Spe salvi - «è scuola di speranza. E’ il luogo di apprendimento e dell’esercizio della speranza… la alimenta, perché nulla più del pregare con fede esprime la realtà di Dio nella nostra vita» (Cf. nn. 32-33).

La Commissione diocesana che sta lavorando all’organizzazione del Giubileo – e che ringrazio - ha rilanciato il Sussidio preparato dal Dicastero per l’Evangelizzazione al fine di vivere sapientemente questo tempo nelle nostre Comunità parrocchiali: utilizziamolo e facciamone tesoro! Vi sarà distribuito in questi giorni.

Carissimi fratelli e sorelle (fedeli tutti), oggi i vostri occhi sono fissi su tutti i vostri sacerdoti. Essi sono il sacramento di Gesù Cristo: abbiate per essi grande venerazione e mi raccomando pregate sempre per loro, perché non prevalga mai in essi la stanchezza della speranza e continuino ad ungervi con la gioia ed il profumo del loro ministero, per «portare il lieto annuncio ai miseri, fasciare le piaghe dei cuori spezzati, consolare tutti gli afflitti, per dare ad essi … una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell’abito da lutto, veste di lode invece di uno spirito mesto» (Cf. Isaia 61, 3a. 6a).

Prima di concludere questa mia riflessione voglio esprimervi il mio ringraziamento per la vostra numerosa presenza ed idealmente permettetemi di abbracciarvi ad uno ad uno (sacerdoti, diaconi, religioni e religiose, seminaristi e fedeli tutti) per donarvi la pace del Pastore; così come ringrazio Mons. Renzo Di Fonzo, nostro Vicario generale, per le parole augurali all’inizio della celebrazione.

Un pensiero carico di gratitudine e di augurio – con l’invito alla preghiera - voglio indirizzarlo, in particolare a coloro che in questo anno avranno la gioia di celebrare un anniversario nella loro vita e nello specifico:

- a Mons. Cosimo Damiano Fonseca che il 19 settembre ricorderà il suo 70° di ordinazione;

- a don Decio Tucci, della Congregazione dei Padri Vocazionisti, che il 27 giugno ricorderà il suo 50° di ordinazione;

- a P. Pasquale Carriero, dell’Ordine dei Frati Minori, che il 21 settembre ricorderà il 50° di ordinazione;

- a don Fernando Balestra, che il 5 ottobre ricorderà il suo 50° di ordinazione;

- a don Domenico Giacovelli, che il 4 dicembre ricorderà il suo 25° di ordinazione.

In questo clima di festa, permettetemi ancora, di elevare un ringraziamento particolare al Signore per il dono che – in quest’anno - ha fatto alla mia persona di Padre e Pastore e alla nostra Chiesa particolare con l’ordinazione di: don Michele Mingolla, don Tommaso Cavaliere, don Francesco Dall’Arche e don Giovanni Fonseca che, oggi, per la prima volta partecipano da presbiteri a questa Messa del Crisma ed invochiamo sul loro ministero l’abbondanza di grazie e di benedizioni; così come una corale preghiera al Padrone della Messe perché continui a chiamare operai in questa sua Vigna.

«Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui».

Carissimi fratelli e sorelle, guardiamo sempre a Lui con fiducia e con speranza. Lasciamo da parte altri interessi, preoccupazioni e distrazioni e fissiamo il Suo volto luminoso e raggiante, come quel Sole che nessuna nuvola potrà mai oscurare, affinché guardandoLo siamo per sempre da Lui guardati e i nostri occhi «risplenderanno per la luce del suo sguardo; allora potremo dire: “La luce del tuo volto Signore, ha lasciato il segno su di noi” (Sal 4,7)» (Origene, Omelie sul Vangelo di Luca 32, 6). Amen!

+ Sabino Iannuzzi