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Veglia di preghiera diocesana per la 62.ma Giornata di Preghiera delle Vocazioni: l'omelia di Mons. Sabino Iannuzzi

Giovedì 8 Maggio 2025 si è svolta in Cattedrale la Veglia di preghiera diocesana per la 62.ma Giornata di Preghiera delle Vocazioni presieduta da Mons. Sabino Iannuzzi. Di seguito l'omelia del Vescovo.(Foto: Maria Rosa Patruno).

Carissimi fratelli e sorelle,

la nostra Cattedrale, questa sera, come Madre provvida d’amore, accoglie ed abbraccia i tanti interrogativi che certamente affollano il cuore di ciascuno, accompagnandoli con il balsamo della Parola che abbiamo appena ascoltato.

«Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo» (Gv 20,24) ancora ferito dal disincanto per quanto vissuto nei giorni della passione, pretende il segno dei chiodi. E il Risorto – otto giorni dopo - non lo rimprovera, ma gli offre le sue ferite: «Metti qui il tuo dito… e non essere incredulo, ma credente!» (Gv 20,27).

In quell’invito è già racchiusa la sintesi del tema che ci accompagna in questa nostra Veglia di preghiera: credere, sperare, amare.

Perché solo un amore che mostra le cicatrici nutre la fede e genera speranza.

Parte da qui la nostra riflessione:

credere non è firmare un modulo di appartenenza, ma lasciare che la fiducia divenga passo.

Lo ricorda l’apostolo Paolo quando scrive che «giustificati dunque per la fede, noi siamo in pace con Dio… e la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori» (cfr. Rm 5,1-5).

La fede apre la porta,

la speranza ci fa mettere il piede fuori,

la carità trasforma la strada in dono quotidiano.

Papa Francesco, rivolgendosi ai giovani per questa Giornata di Preghiera, afferma «la vostra vita non è un “nel frattempo”: voi siete l’adesso di Dio» (Messaggio per la 62a GMPV).

Perciò non bisogna mai rinviare le decisioni importanti, aspettando condizioni ideali.

Il Signore – ancora oggi - viene a porte chiuse, come allora dagli Undici, e accende nella stanza più nascosta un futuro possibile.

Il futuro ha il volto della speranza.

Nella Bolla di indizione del Giubileo, Spes non confundit, ci è ricordato che la speranza «non illude e non delude perché niente potrà separarci dall’amore divino» (n. 3), fiaccola che lo Spirito «tiene accesa come una fiamma che mai si spegne».

Sant’Agostino aggiunge che, in ogni genere di vita, non si vive senza queste tre propensioni dell’anima: credere, sperare, amare.

Alla luce di ciò, la vocazione diventa un evento di fiducia: «La vocazione è un dono prezioso che Dio semina nei cuori, una chiamata a uscire da sé stessi» e «non è mai un tesoro che resta chiuso nel cuore, ma cresce e si rafforza nella comunità che crede, ama e spera».

Carissimi,

guardate come la fede di Tommaso riparte proprio dalla ricerca e dal desiderio di toccare la ferita: non dobbiamo fuggire dai dubbi, ma custodirli. Lasciamo che diventino varco, feritoia da cui passa la luce.

Se qualcuno di voi – in questo momento - avverte attrazione per il sacerdozio o la vita consacrata… non pensi che si tratti di una scelta riservata a pochi eletti, ma la consideri come espressione concreta di quella «spinta interiore all’amore e al servizio» di cui parla il Papa.

Se altri avvertono la bellezza del matrimonio, non temano di pronunciare un sì totale e fedele.

Se altri ancora sognano l’impegno sociale o culturale, ricordino che ogni professione può diventare altare su cui offrire la propria creatività al bene comune.

Ma nessuno si illuda di rispondere da solo: «tutti abbiamo necessità della preghiera e del sostegno dei fratelli».

La vocazione – ogni vocazione - nasce nel grembo di una Chiesa che, mentre prega, genera.

Per questo vi consegno tre “piccoli passi possibili”, uniti in un unico respiro:

  • primo, portate sempre con voi un frammento di Vangelo, come si porta lo smartphone, e apritelo ogni giorno; lasciate che quel versetto diventi la notifica del cielo e conversazione con Gesù.
  • Secondo, cercate una comunità viva: un gruppo di ascolto, un servizio Caritas, un laboratorio di musica o di teatro in oratorio; perché lì la fede si fa carne e i doni si riconoscono a vicenda.
  • Terzo, rischiate scelte che odorino di gratuità: il volontariato, un’esperienza missionaria, l’impegno per la cura dell’ambiente nel vostro quartiere.

Forse fallirete, ma il Vangelo si impara cadendo e rialzandosi.

E quando la fatica si farà sentire, alzate lo sguardo verso quel “cuore trafitto” (contempliamo il suo costato aperto) di cui l’enciclica Dilexitnos parla come di sorgente perenne di acqua: dal fianco aperto di Cristo scaturiscono ancora oggi la consolazione e il coraggio di cui il mondo ha sete.

Tutto questo lo affidiamo a Maria, la Donna dell’attesa e Madre di speranza, che nella povertà di Nazaret ha detto «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga per me quello che hai detto», consegnando così alla storia la possibilità dell’eterno.

Uscendo da qui, non ci limiteremo a essere il futuro della Chiesa, ma il presente luminoso di Dio per ogni persona che incontreremo.

Perché:

  • credere apre il cuore,
  • sperare muove i passi,
  • amare fa di ogni giorno un pezzo di cielo.

Amen.