Quattro anni dopo la prima volta, Don Antonio Schena racconta la sua recente esperienza in India

Dopo quattro anni, sono tornato in India, un soggiorno breve (una settimana), ma intenso di incontri e di esperienze che mi porto dentro. Il primo giorno sono andato a benedire la prima pietra per la costruzione di un asilo per bambini, quasi tutti induisti. Una mia prima riflessione: è proprio vero quello che scrive l’apostolo Paolo nella 1 Lettera ai Corinti, nel famoso Inno alla carità: la carità, il bene, l’amore, non divide mai, ma unisce popoli, culture e religioni.

In questo immenso Paese di circa un miliardo e trecento milioni di persone, l’85% sono Induisti, il restante 15% cristiani e il resto Musulmani. In questa settimana ho respirato un’aria nuova, pulita, di “chiesa in uscita”, come ripete spesso Papa Francesco.

Il giorno successivo, ci siamo spostati con la macchina nella parte più meridionale dell’India, e dopo cinque ore di viaggio tra strade interrotte, polverose e dissestate, siamo giunti alla casa che ospita adulti affetti da limiti mentali, abbiamo ricevuto una calorosa accoglienza, con il solito “scialle” di benvenuto e una rosa bianca offerta da ogni disabile. Abbiamo trascorso tutto il pomeriggio con loro, ascoltando sempre “le stesse parole”, ma sempre col sorriso.

Il giorno successivo ci siamo recati alla casa dei bambini disabili e ho assistito a una scena che mi porto ancora dentro: mentre stavamo nel corridoio con un gruppo di bambini, ho visto due di loro, forse tre o quattro anni, in braccio alle rispettive mamme che piangevano a dirotto, a qualche metro di distanza i volti scuri dei loro padri.

Allora ho chiesto alla Suora, il motivo di questo pianto così toccante di quei due bimbi. E la Suora mi risponde: “Piangono perchè questa sera devono staccarsi dai genitori e rimanere qui, loro a casa hanno altri figli da accudire e sfamare, almeno qui, sono sicuri di salvarli”. Nell’allontanarmi da loro, non riuscivo a staccare lo sguardo da quel due bimbi con il viso segnato dalla lacrime.

Nei giorni successivi abbiamo visitato una scuola universitaria per ragazze, erano circa un centinaio, ma le Suore ne aspettavano ancora il doppio. Anche qui accoglienza festosa con canti, danze e tanta allegria.

Nelle periferie dei paesi abbiamo incontrato anziani soli e abbandonati lungo la strada, per loro non esiste nessuna assistenza sanitaria e le Suore stavano pensando a una casa per accogliere questi anziani ammalati per assicurargli un minimo di dignità.

L’ultima tappa è stata a Vellore, la casa generalizia delle Suore del Sacro Cuore, dove tanti bambini ricevono assistenza, istruzione e cibo. Avevo portato delle caramelle, quando li ho distribuito i loro occhi brillavano di gioia. E pensavo: i nostri bambini non vogliono più neanche quelle, qui invece fanno festa.

E’ arrivato il giorno del ritorno in Italia, e i bambini si stringevano attorno perchè non volevano che io tornassi in Italia…sono arrivato all’aeroporto di Chennai, con tanti ricordi, tanti volti impressi negli occhi, tanta nostalgia…e qualche lacrimuccia!

Don Antonio Schena